058. L'occhio nel muro



del Prof. Lorenzo Magnani (Univ. di Pavia), da "Conoscenza come Dovere", pag. 99/100

"La tecnologia è centrale nella società moderna, ma coloro che la creano non sono tenuti ad anticipare o a compiere analisi intorno ai suoi effetti; inoltre, sfortunatamente, coloro che incentrano la loro attenzione sugli effetti della tecnologia raramente capiscono la tecnologia in se stessa. Ritengo che le università abbiano una responsabilità speciale e una opportunità storica nell'affrontare questo problema. Specialmente a partire dal diciannovesimo secolo le università e le istituzioni tecnologiche europee e del nord America hanno costruito due curricula marcatamente distinti: uno tecnico/scientifico, con corsi di matematica, informatica e ingegneria, tenuti in una particolare area del campus o della città; l'altro, con le materie umanistiche, in aree diverse. Il problema centrale non riguarda tuttavia l'ingegneria o la tecnologia in quanto tali, ma come esse includano anche implicazioni sociali, economiche, politiche e culturali. Occuparsi seriamente di tale problema richiederà il coordinamento di diversi curricula universitari e una fruttuosa integrazione tra ingegneria e discipline umanistiche in grado per esempio di considerare nello stesso tempo protesi biologiche e letteratura sui disabili. Sarà anche necessaria una collaborazione tra ricerca e servizi, e in questa luce la relazione tra università e industrie è assai importante. Devono essere costruite nuove knowledge communities. Dobbiamo prevedere nuove alleanze tra università, istituti e aziende, e definire una nuova idea di conoscenza e i modi della sua distribuzione. (...)

Certo la teconlogia offre molti benefici, come più alti standard di vita, maggiore scelta, più tempo libero e migliori comunicazioni, ma porta anche a rischi per l'uomo e per l'ambiente. La tecnologia aliena le persone dalla natura, concentra il potere politico e industriale in modo pericoloso, e dà origine a nazioni industrializzate più capital-intensive che labor-intensive; il risultato è una crescita della disoccupazione e una perdipendenza da esperti apparentemente neutrali ma che in realtà hanno precisi interessi e impegni personali. Anche se importante sotto vari punti di vista, la tecnologia non sempre è benigna, ma ha il potere di causare molti tipi di danno. Ecco una lista di potenziali effetti negativi. Essa può portare, nella società di massa, a eccessiva uniformità, a restringere i criteri dell'efficienza a frammentazione e specializzazione, manipolazione e trattamento impersonale. Un altro esito negativo è la sua incontrollabilità, quando tecnologie a prima vista "separate" in realtà appartengono a un sistema interconnesso che costituisce una network globale e autorinforzantesi che sembra avere una sua vita propria, come qualcosa che si autoperpetua e che pervade tutto. Infine è ben nota la classica conseguenza negativa in termini di alienazione del lavoratore nel senso marxiano.(...)

Penso che il ruolo degli esseri umani, in quanto knowledge carriers - come depositari e portatori "biologici" di conoscenza, processori, distributori e utenti - sia centrale nella nostra era tecnologica e globalizzata" (...)

057. Reductio ad Hitlerum


La reductio ad Hitlerum (espressione coniata negli anni 50 da Leo Strauss) é una fallacia logica riconducibile alla categoria degli attacchi ad hominem e dell’appeal to emotion. Essa consiste nel tentare di delegittimare il proprio interlocutore attraverso paralleli fallaci (ovviamente non tutti lo sono) con personaggi malvagi, primo su tutti Adolf Hitler, ma anche Stalin o altri. Uno dei possibili schemi: Mario sostiene x. Anche Hitler sosteneva x. Quindi x è sbagliato. Ovviamente il semplice fatto che Hitler abbia sostenuto x non rende x di per sé errato. Hitler ad esempio amava i cani e la pittura, e non per questo cani e pittura sono da aborrire. Spesso vengono condotti paralleli e si fa voluta confusione tra l’eutanasia nazista (soppressione “di Stato”  di portatori di handicap) e quella odiernamente intesa come decisione autonoma e volontaria di un singolo individuo di porre termine alle sofferenze causate da una malattia inguaribile (spesso si associa anche la fallacia logica del  “pendio scivoloso”: “se cominciamo con il  testamento biologico  finiremo poi col sopprimere, come Hitler,  i disabili”).  Hitler elogió nel Mein Kampf la Chiesa Cattolica, ma non sulla base di questo  la Chiesa Cattolica è da aborrire.
 
Un parallelo non fallace potrebbe essere quello della creazione per motivi di propaganda di un nemico comune, senza che si possa dimostrare che la categoria prescelta sia davvero un nemico: a quel tempo l’ebreo, oggi lo straniero. Le tecniche di propaganda, come enunciate soprattutto nel capitolo VI del Mein Kampf, mi sembrano poi, purtroppo,  tutte di estrema attualitá. In questo caso abbiamo corrispondenze 1:1 e le analogie servono effettivamente ad esemplificare mezzi e fini di alcune correnti politiche attuali, nonché ad evidenziare eventuali rischi.

Una estensione di questa fallacia al mondo Internet  è data dalla “legge di Godwin”:
“mano a mano che una discussione online si allunga, la probabilitá di un paragone riguardante i nazisti o Hitler si avvicina ad 1” (1 rappresenta la certezza matematica).

Sebbene in una discussione tendente all’infinito vi sia probabilità di menzionare qualunque argomento, quando si invoca il nazismo in una discussione online, questo significa che tale discussione è sul punto di estinguersi, e quindi la probabilità che altre tematiche siano affrontate si annulla.

Anche Richard Sexton disse  che spesso una discussione puó ritenersi s conclusa quando qualcuno dei partecipanti tira fuori dal cassetto, come ultima risorsa,  i nazisti o Hitler. Personalmente aggiungerei che, talora, le discussioni addirittura li prendono come spunto iniziale…Hitler o Stalin….laddove quindi l’invito alla discussione dovrebbe semplicemente essere ignorato.

La “carta” di Hitler puó poi essere semplicemente usata per far perdere le staffe all’avversario, che in preda all’ira non sará piú in grado di gestire razionalmente la discussione.
 
 
 


056. Trasparenza dei valori


“Gli esseri umani godono della conoscenza prodotta da varie comunità umane in diversi momenti, ma hanno come l’illusione che non vi sia…. proprio il fatto che alcune conoscenze diventino facilmente trasparenti induce le persone a credere che esse non servano proprio a niente….”

In questo vecchio appunto  l’acutissima individuazione  di un fenomeno estremamente rilevante, sia nelle sue cause che nei suoi effetti. Io distinguerei pero tra conoscenze di tipo umano /sociale da una parte e conoscenze di tipo tecnico dall’altra. Le conoscenze in campo tecnico pur diventando trasparenti per i piú, non sono mai soggette ad un pericolo che io definirei di estinzione o non applicazione: magari possiamo non accorgerci dell’incidenza della luce elettrica nella nostra vita, ma mai accadrà che qualcuno ne contesti l’importanza o ne voglia decretare la fine. Questo non da ultimo in quanto la loro scomparsa, in misura maggiore o minore, comporta un disagio evidente ed immediatamente percepibile da tutti, a brevissimo termine.

Tristemente diversa la sorte per le conoscenze acquisite nel campo sociale o umano. Basta pochissimo infatti perché uno stato democratico degeneri in una oclocrazia (tanto per rimanere in tema), o che si disconoscano conoscenze acquisite nel contesto di studi/ricerche/esperienze socio-antropologiche o giuridico-economiche con derive quindi nel razzismo, nella disparita dei sessi (si veda l'odierna RI-mercificazione della donna, laddove molte donne nel passato hanno sacrificato la vita per farci avere i diritti di cui oggi godiamo) o in generale nella perdita di diritti faticosamente conquistati nel corso del tempo, nel politico, nell economico e nel sociale. Uno dei motivi all’origine di ciò ritengo sia appunto la non immediata percepibilità del danno che ne conseguirá per i piu. La piu difficile e lenta individuazione della carenza cui si andrá incontro. Non per niente determinati valori sono piu fortemente sentiti in epoche immediatamente successive alle guerre. Ed in questo contesto si inserisce a mio parere l’estrema importanza dell'individuo inteso quindi come  “knowledge carrier”, ovvero "depositario e portatore  "biologico" di conoscenza, processore, distributore e utente" (> L. Magnani). Laddove la conoscenza rappresenta uno dei 3 cardini della democrazia, insieme al voto e alla possibilita di controllare l’operato della maggioranza, come splendidamente illustrato anche da Amy Guttamann:

http://www.emsf.rai.it/articoli/articoli.asp?d=29
(intervista a Amy Guttmann su educazione e democrazia)

"Sin dagli albori, la democrazia non si è mai basata esclusivamente sul potere della maggioranza. I più grandi esponenti del pensiero democratico classico - filosofi come Rousseau, John Stuart Mill e John Dewey - erano convinti che il potere della maggioranza nascondesse il pericolo di una sua tirannia. Si rendeva, dunque, necessario studiare il modo migliore di affidare alla maggioranza il destino politico di un paese e vedere per quale motivo l'unico modo per riuscirci era far sì che tutti i cittadini venissero educati a conoscere i propri interessi. La democrazia, infatti, si basa sulla premessa che i cittadini conoscano perfettamente i loro interessi. Tale premessa è realizzabile solo se le persone non sono analfabete, se ricevono un'istruzione che chiarisca loro cosa è meglio, sia per se stessi che per la società in generale. La mia posizione consiste in un'estensione del pensiero democratico classico, ma con una piccola variazione. L'estensione sta nell'idea che ogni democratico conosce i propri interessi meglio di chiunque altro se ne occupi al suo posto. In questo senso, un democratico rifiuta il concetto di élite; egli è convinto che, sia nella teoria che nella pratica, la gente debba occuparsi in prima persona dei propri interessi. Per questo ritengo che l'educazione sia essenziale per la democrazia. La variazione è la seguente: l'educazione non è solo strumentalmente necessaria alla democrazia (cioè, essa non è solo un mezzo per arrivare alla democrazia), ma fa parte del concetto stesso di cittadinanza. L'educazione rientra nel concetto dell'essere cittadino perché non insegna solo a leggere e scrivere, ma insegna anche determinati valori, che sono appunto i valori democratici. Fra questi c'è, ad esempio, quello del rispetto per coloro con cui ci troviamo in disaccordo, o il cui stile di vita differisce dal nostro; senza educazione - e per educazione intendo quella pubblica - tale rispetto non può esserci. L'educazione è importante per la democrazia semplicemente perché l'essenza della democrazia sta nella virtù civica. La virtù civica richiede comprensione e rispetto per i modi di vivere degli altri. L'unico modo in cui le persone che fanno parte di una famiglia, o di una comunità, possono riuscire a conoscere e a rispettare stili di vita diversi dal proprio è quello di essere educate a contatto con persone diverse da loro, di comprendere gli altri osservando come sono fatti, di rendersi conto sin da bambini che ci sono sia differenze che somiglianze. A mio avviso, dunque, capire l'importanza di un'educazione democratica è tutt'uno con il capire cosa significhi essere un cittadino democratico e possedere una forma di virtù civica. Senza educazione non può esserci virtù civica"

In questo contesto si puo ben inserire quella che a mio parere é la deriva oclocratica della democrazia odierna:

L'oclocrazia (dal greco όχλος = moltitudine, massa e κρατία = potere) o degenerazione della democrazia è una forma di governo in cui le decisioni sono prese da masse volutamente tenute nell’ignoranza da governi miranti alla mera autolegittimazione. Il termine, che ha un'accezione negativa, compare per la prima volta nelle Historiae di Polibio, che la considera appunto una forma di degenerazione della democrazia, in quanto inevitabile conseguenza dei comportamenti demagogici legati all'acquisizione del consenso. Nella visione di Polibio, il disordine politico che consegue all'instaurazione di un sistema oclocratico ha come unico sbocco il ritorno alla monarchia o comunque di una forma dittatoriale.

Una delle cause della degenerazione della democrazia in oclocrazia è il raggiungimento e il consolidamento di un certo livello di standard di vita diffuso in tutta la popolazione. Questo porta le masse a dare per scontati valori quali l’uguaglianza e la libertà. A ció si aggiunge a mio parere il fatto che la nostra generazione è temporalmente lontana da una grande guerra, che paradossalmente rende sempre evidenti i valori primi dell’essere umano nonché le strategie volte a difenderli. Una volta che questi valori vengono dati per scontati, diventano trasparenti, come un artefatto che usiamo tutti i giorni senza accorgercene, la si sotto-valuta e di conseguenza aumenta il pericolo di un regresso.

Polibio si esprime nel seguente modo:

"Non appena sopraggiunge una nuova generazione e la democrazia cade nelle mani dei nipoti dei suoi fondatori, questi risultano essersi abituati così facilmente all’uguaglianza e alla libertà di parola che essi stessi ora cessano di comprenderne il valore e cercano di innalzarsi al di sopra dei propri concittadini, ed è degno di nota il fatto che le persone più attratte da questa tentazione siano i ricchi. Così quando cominciano ad ambire le cariche pubbliche, rendendosi conto di non riuscire ad ottenerle attraverso i propri sforzi o i propri meriti,essi cominciano a sedurre e a corrompere il popolo in ogni modo possibile, portando così al deterioramento del patrimonio. Il risultato è che attraverso la loro insensata e smodata voglia di essere in vista, stimolano nella massa la pratica della corruzione, abituandola ad essa; presto il ruolo della democrazia è così trasformato nel governo della violenza e del “polso duro”. Da questo momento i cittadini cominciano ad abituarsi al guadagno a spese degli altri e le loro prospettive di vittoria per il sostentamento dipendono dall’arrogarsi la proprietà del vicino; pertanto non appena troveranno un leader sufficientemente ambizioso e audace, ma escluso dagli onori delle cariche pubbliche a causa della sua poverta, introdurranno un regime di violenza. Dopodiché uniranno le loro forze, si faranno strada i massacri, bandiranno gli oppositori e finalmente degenereranno in uno stato di bestialità, dopo ilquale ancora una volta ritroveranno un monarca e un despota"

"But as soon as a new generation has succeeded and the democracy falls into the hands of the grandchildren of its founders, they have become by this time so accustomed to equality and freedom of speech that they cease to value them and seek to raise themselves above their fellow-citizens, and it is noticeable that the people most liable to this temptation are the rich. So when they begin to hanker after office, and find that they cannot achieve it through their own efforts or on their merits, they begin to seduce and corrupt the people in every possible way, and thus ruin their estates. The result is that through their senseless craving for prominence they stimulate among the masses both an appetite for bribes and the habit of receiving them, and then the rule of democracy is transformed into government by violence and strongarm methods. By this time the people have become accustomed to feed at the expense of others, and their prospects of winning a livelihood depend upon the property of their neighbours; then as soon as they find a leader who is sufficiently ambitious and daring, but is excluded from the honours of office because of his poverty, they will introduce a regime based on violence. After this they unite their forces, and proceed to massacre, banish and despoil their opponents, and finally degenerate into a state of bestiality, after which they once more find a master and a despot"

(da me tradotto, da una versione inglese)

055. Hate speech


- l'ateismo produce "infelicità e immoralità...é una grave degenerazione: significa condurre una esistenza isolata, senza speranza, grigia e limitata. Mi domando, ha senso la vita di un ateo...?" -  (Monsignor Arduino Bertoldo sul sito Pontifex, ancora al 20.02.2011)

 - Monsignor Paolo Rigon: "l'omosessualità è un male da guarire" semprechè non sia già "incancrenita" - (La Stampa, 20 febbraio 2011)***

I discorsi di incitamento all'odio (ovviamente ritrovabili anche tra atei) sono diversi dalla mera offesa: se uno che passa per strada mi dice "sei un coglione" non mi fa né caldo né freddo. Se invece mi dice "negro", "terrone","mongoloide" "culattone" questo ferisce. Gli omosessuali giustamente non mostrano la ferita che i discorsi d'odio provocano, la nascondono e lasciano che siano altri sentimenti a guidare le loro azioni in pubblico, come ad esempio l'orgoglio, la rabbia o la passione per l'uguaglianza.
 
Però, se vogliamo capire l'hate speech, bisogna analizzare i discorsi d'odio anche riconoscendo quel potere di ferirci che neghiamo e rifiutiamo in pubblico. Perché l'hate speech ha un potere di ferire che non ha il semplice insulto? Perché si allea ad una catena discorsiva e rituale: in "negro" o "frocio" risuona una storia secolare di odio e di violenza. Al di là delle intenzioni coscienti di chi pronuncia il discorso d'odio, il discorso acquista un potere e una valenza ben più vasta, ogni discorso d'odio trae forza da tutti quelli precedenti in una catena simbolico distruttiva. Storica e biografica: in "negro" risuonano la schiavitù e l'apartheid, ma risuonano anche le tante discriminazioni quotidiane che ha subito la persona a cui l'insulto è rivolto. allo stesso modo in "frocio" o "anormale" risuonano violenze secolari, ma anche, spesso, il rifiuto della propria famiglia e la discriminazione subita a scuola e in molti altri luoghi. 

L'hate speech è qualcosa di diverso dal semplice insulto, o dal fare un torto, e va compreso nella sua specificità. vietarlo per legge o per vie legali non elimina la sua potenza distruttrice (distruttrice nel senso che l'hate speech vuole distruggere l'identità di alcune categorie di persone, negandone l'umanità e implicitamente invocandone la scomparsa), perché la sua potenza deriva da una catena simbolica di ripetizioni rituali. piuttosto, bisogna interrompere quella catena o risignificarla. Ad esempio, il movimento lgbt rivendica la parola "gay" associandola a valori positivi come la gioia, la gaiezza, il gioco, l'orgoglio. In questo modo, cerca di riscattare un termine "abietto" e deumanizzante risignificandolo per descrivere vite reali. Il gay pride è appunto un'operazione simbolica assimilabile. Non bisogna censurare l'hate speech, ma contrapporgli discorsi che inaugurino catene simboliche che riconoscano certe vite e la loro uguaglianza.

 (liberamente tratto da un commento di Cesare D.F.)

***sulla medesima pagina della Stampa troviamo un bellissimo  n o n  s e q u i t u r  di Gennari, giornalista di Avvenire : "Per molti sono naturali l'ira e l'atteggiamento violento, ma le azioni che ne conseguono sono peccato...la natura umana non è una natura perfetta, bensi segnata dal limite della peccabilità...certe azioni verrebbero naturali (invidia, ira, appropriazione delle realtà e delle persone altre a scopo di potere) ma sono peccati...perciò dire che l'esercizio della omosessualità è peccato è parte del dovere di verità nell'ambito religioso dell'etica cristiana". La fallacia consiste in questo, nella conseguenza: ira, appropriazione e quant'altro ledono il principio secondo il quale il limite della nostra libertà individuale è cosistituito dalla libertà altrui. Amare una persona dello stesso sesso non lede la libertà di amarsi di una coppia eterosessuale che può continuare ad amarsi comunque..., e poichè gli omosessuali non sono contagiosi non è neppure in pericolo la prosecuzione della specie umana: permettere loro di amarsi non significa aumentarne il numero...quindi si parli pure di dogma e di peccato, ma si lasci da parte la verità e soprattutto la ragione.

Il non sequitur è una fallacia logica che consiste nel porre una erronea relazione di causalità.

Si confronti con il punto Nr. 13 del Menu (FALLACIA NATURALISTICA)

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